17/7/2024

Ageismo: cos’è, come si manifesta e come contrastarlo

In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, dove le opportunità di lavoro e di crescita personale sono molteplici, si potrebbe pensare che l’età sia solo un numero e non conti più nulla. Eppure, questa è una visione ottimistica, che non tiene conto di una realtà diffusa: l’ageismo. Si tratta di una forma di discriminazione che tocca molte persone in tutto il mondo e che limita le loro possibilità di esprimersi e di contribuire alla società in modo significativo.

Due impiegati di età diversa discutono un’idea

Che cos’è l’ageismo e perché è un problema

L’ageismo è una forma di discriminazione basata sull’età, che consiste nel trattare in modo ingiusto o pregiudizievole una persona o un gruppo di persone in base alla loro età, sia che si tratti di giovani o di anziani.

L’ageismo si manifesta in vari ambiti della vita sociale, ma uno dei più frequenti e problematici è quello lavorativo. Infatti, molte persone si trovano a subire discriminazioni o ostacoli nella ricerca, nel mantenimento o nel cambiamento di lavoro a causa della loro età, che viene vista come un fattore negativo rispetto alle loro competenze, esperienze e potenzialità.

L’ageismo non solo danneggia le persone che ne sono vittime, ma anche le aziende che lo praticano o lo tollerano, in quanto si privano di risorse preziose, di diversità e di innovazione.

Come si verifica l’ageismo in ambito lavorativo?

L’ageismo in ambito lavorativo può assumere diverse forme, più o meno esplicite o sottili, che vanno dalla discriminazione diretta alla marginalizzazione o all’esclusione. Alcuni esempi di ageismo sono:

  • Imporre limiti di età per l’accesso a determinate posizioni o ruoli, senza una giustificazione oggettiva;
  • Preferire candidati più anziani, escludendo i giovani, secondo pregiudizi che li ritengono più svogliati o meno affidabili;
  • Preferire, al contrario, candidati più giovani, assecondando il bias che vede le persone dai quarant’anni in su meno elastiche e volenterose di cambiamento o di apprendere nuove mansioni;
  • Offrire condizioni di lavoro, retribuzione o opportunità di carriera diverse a seconda dell’età, senza una motivazione legata al merito o alla performance.
  • Escludere o isolare i lavoratori più giovani o più anziani dalle attività, dalle decisioni o dalle informazioni rilevanti per il loro lavoro sulla base di un pregiudizio legato alle loro abilità;
  • Non fornire adeguata formazione, aggiornamento o supporto ai lavoratori più giovani o più anziani, assumendo che non ne abbiano bisogno o che non siano in grado di apprendere o di adattarsi.
  • Usare un linguaggio, un tono o un atteggiamento dispregiativo, paternalistico o ironico nei confronti dei lavoratori più giovani o più anziani, sminuendo il loro contributo o la loro professionalità.

Perché l’ageismo è dannoso per le persone e per l’azienda

L’ageismo ha conseguenze negative sia per le persone che lo subiscono, sia per le aziende che lo praticano o lo tollerano. Le persone che subiscono l’ageismo possono infatti sperimentare bassa autostima, frustrazione o depressione, ma anche una minore motivazione e coinvolgimento nelle attività e nell’ambiente lavorativo.

Questo ha un impatto anche sulla produttività dei lavoratori, andando quindi a impattare l’azienda, che rischia inoltre di perdere talenti e risorse preziose. Va quindi a ridursi quella diversità di persone e idee essenziale per la crescita sana, inclusiva e creativa di un’azienda. Inoltre, discriminazione di qualsivoglia tipo hanno un impatto sulla reputazione del business, che rischia di non riuscire ad attrare nuovi talenti.

Come è possibile prevenire e contrastare l’ageismo

Come per tutte le forme di discriminazione, non è mai semplice per un’azienda riuscire a intervenire in modo profondo e rapido nel tessuto sociale e nelle sue credenze e abitudini; creare una cultura lavorativa inclusiva di tutte le persone, critica verso i bias cognitivi e i pregiudizi, richiede spesso tempo e impegno.

Il primo passo, spesso, è promuovere una cultura basata sul rispetto e la valorizzazione del singolo, attraverso eventi, momenti formativi e talk, ma soprattutto dando il buon esempio. Adottare criteri e procedure trasparenti, oggettivi e meritocratici per la selezione, la valutazione e la gestione del personale, evitando qualsiasi forma di discriminazione o di favoritismo, è un buon modo per mostrare al team di lavoro un impegno concreto per la promozione di una cultura inclusiva.

Anche adattare formazione e affiancamento alle necessità del singolo è essenziale per mostrare equità verso dipendenti che appartengono a fasce di età diverse: la responsabilizzazione dei giovani fin dai primi giorni – una procedura centrale, ad esempio, per la cultura del lavoro di P&G –, ma anche l’affiancamento a figure più esperte per supporto sono essenziali all’inizio di una carriera. Al tempo stesso, corsi di aggiornamento per i dipendenti più anziani possono essere davvero molto utili per stare al passo con nuove tecnologie o metodologie.

Questo tipo di attenzione ed equità può favorire un circolo virtuoso, in cui i dipendenti più esperienziali si offrono di formare i ragazzi con energia e senza paternalismo, mentre i giovani più freschi di studi e informati sulle ultime novità di settore possono dare il loro contributo senza sentirsi in soggezione e senza esercitare discriminazioni.

Creare una cultura aziendale realmente inclusiva

Secondo quanto emerso dall’E&I Talks che P&G ha ospitato nel 2023, un altro elemento essenziale è riconoscere la diversità: generazioni diverse possono avere approcci diversi al mondo del lavoro, metodi differenti, esigenze uniche e linguaggi non uniformi. Prendere consapevolezza di questa diversità e non limitarsi ad accettarla, ma riconoscerla come fonte di ricchezza è lo step fondamentale per creare un ambiente di lavoro che sia davvero inclusivo, dove tutti possano sentirsi parte del gruppo e dove la peculiarità del singolo diventa un asset per tutti.

In una cultura aziendale che riesce davvero ad essere inclusiva, la collaborazione passa attraverso la condivisione dei propri punti di forza e delle proprie idee, che vengono valutate per il loro valore intrinseco piuttosto che per l’età o l’esperienza della persona che le porta al tavolo. Tutti si sentono liberi di parlare e lo fanno con rispetto e consapevolezza, con fiducia nel fatto che saranno ascoltati e presi sul serio. Questo deve essere l’obiettivo finale.